Lo scorso mese avevamo scoperto l’Alpe Adria con Antonio, viaggiando virtualmente da Salisburgo a Padova. Stavolta rimaniamo in Italia grazie a Manlio, che ha voluto condividere con tutti noi il suo viaggio lungo la Via Vandelli. Si tratta di un’antica strada risalente al 1700 che collega Modena e Massa attraversando gli Appennini e le Alpi Apuane. La strada deve il suo nome all’abate e geometra Domenico Vandelli che nel 1730 fu incaricato da Francesco III di tracciare un percorso che collegasse Modena con la zona della Versilia.
Il viaggio di Manlio si sposa perfettamente con l’obiettivo perseguito sul nostro blog: la valorizzazione di itinerari splendidi ma poco conosciuti e spesso abbandonati a loro stessi.
Una piccola presentazione: parlaci un po’ di te
Sono un ciclista dilettante. Anzi, meno che dilettante, visto che la categoria dei “dilettanti” include tanti ciclisti che si dopano anche per la piccola granfondo di paese. Il mio approccio alla bici? Lo definirei come “cicloturismo d’autore”.
Ogni giro deve avere un suo senso, deve essere pensato e scelto con cura affinché abbia un suo intrinseco pregio dal punto di vista paesaggistico, naturalistico, storico-artistico, archeologico, gastronomico. Non mi troverete mai a pedalare a testa bassa sull’Aurelia o sulla Cassia, rischiando la vita con machine e camion che sfrecciano a pochi centimetri dalla mia spalla. Prediligo macchie, campagne e montagne in mountain bike. Non disdegno l’asfalto in bici da corsa a condizione, però, che l’itinerario sia costruito secondo i criteri del “cicloturismo d’autore”.

Come ti è venuta l’idea del viaggio sulla Via Vandelli?
Ho sentito parlare della Via Vandelli non ricordo dove né da chi. Mi è subito piaciuto, perché corrisponde alla mia idea di “cicloturismo d’autore”. C’erano tutti gli ingredienti che fanno per me: natura, paesaggi, storia, salita, fatica, avventura e panorami.
Come sono stati i preparativi?
L’organizzazione non è stata facile, innanzitutto perché la segnaletica della Via Vandelli è pressoché inesistente. Eravamo quattro amici e uno del gruppo, il più esperto di noi in materia di cartografia e tracce gps, si è studiato le mappe e ha definito le tracce. Ha fatto un ottimo lavoro, tanto che siamo arrivati alla meta senza mai perderci.
Una seconda difficoltà da affrontare era il trasporto delle bici sulla linea ferroviaria Roma – Modena: abbiamo dovuto smontare le due ruote e i pedali e imballare le bici. Difficile anche l’avvicinamento Modena – Pavullo nel Frignano: incredibile a dirsi, persino nella civilissima Emilia non era possibile caricare le bici sul treno locale. Dunque abbiamo risolto con un furgone a noleggio con conducente. Ottanta euro (venti a testa) e passa la paura. Resta il fatto che l’Italia è ancora all’età della pietra per quanto riguarda il trasporto delle bici in treno. Più facile il ritorno da Massa a Roma grazie a treni regionali attrezzati per il trasporto bici.
Come hai scelto l’itinerario da percorrere?
Sono sempre a caccia di itinerari nuovi. La Vandelli sembrava avere (e in effetti ha) tutto quello che io cerco in un giro in bici. Strade a bassissima densità di traffico, paesaggisticamente significative, che attraversino territori pregiati, toccando mete che meritino di essere viste. Zero agonismo e zero competitività: la bici come strumento di immersione in un territorio e di contemplazione estetica della natura e del paesaggio nelle sue interazioni con l’uomo e con la storia.
Ti è rimasto in mente un episodio particolare?
I due momenti più belli sono stati i valichi dell’Appenino e delle Apuane. Arrivati in cima al Passo delle Radici, che segna il confine idrografico tra le provincie di Modena e di Lucca e le regioni Emilia-Romagna e Toscana, si apre un panorama mozzafiato sulla conca della Garfagnana delimitata dalla catena delle Apuane. Incantevole, direi, uno dei borghi più belli d’Italia, San Pellegrino in Alpe: poche case a 1.520 metri di altitudine, subito sotto il Passo delle Radici.
Bellissimo il piccolo ma pregiato museo di etnografia con testimonianze della vita contadina, così come la chiesa, nella quale se avete fortuna, potrà capitarvi di ascoltare un concerto d’organo. Ancora più bello del valico appenninico è il valico delle Apuane: passo Tambura a 1.620 metri. È assolutamente da “sindrome di Stendhal”, indimenticabile. Da lì la vista spazia sul Tirreno dal Golfo dei Poeti (La Spezia) fino alle isole dell’arcipelago toscano, Gorgona e Capraia. Con un po’ di fortuna, noi l’abbiamo avuta, si può vedere nitidamente la Corsica.

Cosa ti ha lasciato questo viaggio?
Un ricordo bellissimo…a fine giro eravamo tutti più ricchi. Unico rammarico è che un patrimonio come questo sia abbandonato a sé stesso, che manchi qualsiasi serio tentativo di recupero e di valorizzazione. L’articolo che ho scritto vuol essere un piccolo contributo per attirare l’attenzione, in particolare degli amministratori locali, su questo tesoro negletto.
Cosa vorresti dire a chi ci sta leggendo?
Vorrei mettere in guardia i lettori, soprattutto quelli interessati a percorrere la Via Vandelli, che il tratto sommitale del passo Tambura non è pedalabile e a tratti è impegnativo. In qualche punto è stato necessario caricare la bici in spalla.
Ringraziando ancora una volta Manlio, vi invitiamo a leggere il suo articolo Via Vandelli pubblicato lo scorso anno su Il Sole 24 ore dedicato proprio all’itinerario. Noi torniamo il prossimo mese con un nuovo viaggio!
Filippo e Manuela (con la preziosissima collaborazione di Manlio!)
Link utili:
- Via Vandelli: https://it.wikipedia.org/wiki/Via_Vandelli
- Passo delle Radici: https://it.wikipedia.org/wiki/Passo_delle_Radici
- Monte Tambura: http://www.escursioniapuane.com/SDF/MonteTambura.html