Campo profughi di Salonicco: il viaggio in bicicletta solidale di Yuri

Campo profughi di Salonicco: il viaggio in bicicletta solidale di Yuri

Diverse puntate fa della nostra rubrica dedicata ai viaggi in bicicletta, vi avevamo parlato di Diego e Cassandra e della loro avventura solidale in tandem. Oggi, grazie alla disponibilità di Yuri, la solidarietà torna nel nostro blog. Lasciamo la parola direttamente a questo straordinario ragazzo e scopriamo com’è nato il suo viaggio sulle strade dell’est europeo per aiutare gli abitanti del campo profughi di Derveni (Salonicco, Grecia).

Una piccola presentazione: parlaci un po’ di te

Mi chiamo Yuri Monaco, ho ventisette anni e vivo poco distante da Lugano, in Svizzera.
Sono all’ultimo anno di studi dopodiché mi diplomerò come operatore sociale nell’assistenza di persone con handicap.
Sono un ragazzo semplice, un sognatore come tanti. Mi sono avvicinato alla bicicletta dopo un incidente in scooter: tra innumerevoli patemi fisici e morali ho iniziato a pedalarla per andare al lavoro poi d’un tratto mi sono trovato in Islanda a sfidare il vento artico dell’isola di ghiaccio e fuoco. Da questo momento in poi la mobilità sostenibile mi ha stregato.
Pochi mesi dopo sono uscito di casa e mi sono trovato da mia madre ad Alicante, nel Sud della Spagna. Poco dopo, quasi per gioco, mi sveglio a Praga con un boccale di birra in mano.

Come ti è venuta l’idea del viaggio a Derveni?

Dopo il mio primo cicloviaggio in Islanda nell’estate del 2016 sapevo che non mi sarei più fermato.
La scelta di partire per Salonicco è nata sia dalla voglia di affrontare un nuovo viaggio, sia dalla volontà di unire il proverbiale utile al dilettevole. Infatti sono partito con lo scopo ben preciso di raccogliere fondi da destinare all’acquisto di beni di prima necessità per i profughi del campo profughi di Derveni (alle porte di Salonicco, in Grecia). Inizialmente ho promosso il progetto con amici, parenti e colleghi. Poi ho creato una pagina di crowdfounding promossa anche dal portale online di informazione della mia regione.
L’idea alla base era semplice: partire da casa in bicicletta, raggiungere la Grecia e consegnare personalmente il ricavato al campo profughi. Durante il viaggio, una serie di coincidenze hanno fatto sì che al mio arrivo a Salonicco abbia avuto la possibilità di lavorare come volontario all’interno del campo e di poter acquistare  personalmente quanto necessario.
Se mi è concesso, approfitto dello spazio concessomi per ringraziare nuovamente tutte le persone che hanno creduto e contribuito a questa causa. Grazie ancora di cuore.

Il parco nazionale di Durmitor (nella regione del Montenegro)

Come sono stati i preparativi?

Premetto che sono un pessimo pianificatore e ritengo che la meticolosa organizzazione di un viaggio sia controproducente e castri il senso di libertà che cerco. Per me il viaggio è gioire del presente senza proiettarsi nell’ignoto del futuro: affronto gli inconvenienti solo quando si presentano.
E’ inutile negare che un minimo di preparativi c’è stato: una bozza dell’itinerario per raggiungere Salonicco, la manutenzione della bicicletta, due calcoli sul budget.
Il preparativo più importante però è stato l’organizzazione della raccolta fondi in favore del campo profughi: ho promosso l’iniziativa sia prima della partenza che durante il viaggio.

Come hai scelto l’itinerario da percorrere?

Vista la difficoltà di campeggiare liberamente nel tratto italiano che comprendeva Lombardia, Veneto e Friuli, ho organizzato le prime tappe secondo la disponibilità di utenti Warmshowers. Una volta scollinato nei Balcani ho avuto più libertà di accamparmi con la tenda.
Ho scelto di percorrere l’interno a discapito della costa perché volevo evitare a tutti i costi il chiassoso e invadente turismo di massa di agosto. Appena giunto a Fiume, in Croazia mi sono diretto verso la Bosnia ed Erzegovina e verso il Montenegro attraversando le montagne dello splendido Parco Nazionale del Durmitor. Poi ho attraversato il Kosovo e la Macedonia fino a raggiungere a Salonicco.

Pedalando in Bosnia

Ti è rimasto in mente un episodio particolare?

Uno in particolare! Dopo aver varcato il confine bosniaco, sono rimasto senz’acqua (con un caldo asfissiante). Ho cominciato a preoccuparmi perchè mi aspettavano parecchi chilometri e non c’era l’ombra né di fontane né di centri abitati.
Ad un certo punto ho visto in lontananza un’anziana signora in piedi fuori dall’unico edificio nel raggio di chilometri. La casa mostrava brutalmente le ferite mai rimarginate di una guerra mai dimenticata. Le pareti erano interamente crivellate, mancavano le finestre e un pezzo del tetto era crollato.
Completamente disidratato mi sono fermato davanti all’anziana signora balbettando un poco comprensibile “Moje voda molim” (Posso acqua prego). Senza proferire parola, l’anziana ha afferrato la borraccia e mi ha fatto cenno di seguirla in giardino. Poco dopo è tornata con un piatto di zuppa, un tocco di pane raffermo e la borraccia piena di acqua. Ho sentito un groppo alla gola e dopo un attimo di titubanza ho addentato il pane, come se in fondo sapessi che non avrei mai potuto rifiutare un atto così genuino di bontà incondizionata ed amore verso il prossimo. Abbiamo tentato inutilmente di instaurare una conversazione ma le barriere linguistiche erano insormontabili. Al di là di questo, non scorderò mai quello sguardo.

Incontri di viaggio

Cosa ti ha lasciato questo viaggio?

Un concentrato di emozioni che nessun altro viaggio ha saputo darmi: ho impiegato mesi per identificarle, elaborarle e farle mie.
La bontà incondizionata e la disponibilità disinteressata delle persone che hanno incrociato il mio cammino. Le sofferenze e le fatiche fisiche e mentali, le soddisfazioni ed i pianti di gioia ad ogni passo scollinato o frontiera varcata. Gli incontri fugaci con altri viaggiatori e l’emozione di un addio ad una ragazza fantastica incontrata a Sarajevo.
Ma anche il campo profughi di Salonicco, la libertà negata e la guerra negli occhi dei bambini. La rassegnazione di centinaia di uomini, donne e bambini costretti a “vivere” stipati in luride tende come animali, con la certezza di essere considerati esseri umani di serie B e la consapevolezza di essere abbandonati a sé stessi.

Il campo profughi di Derveni

Cosa vorresti dire a chi ci sta leggendo?

Viaggiare in bicicletta è qualcosa di indescrivibilmente affascinante e per averne la prova non c’è altro modo se non inforcare la bicicletta e partire.
Questo però non è sufficente. Se viaggiando in macchina siamo chiusi dentro l’abitacolo e completamente isolati dall’esterno, in bicicletta siamo scoperti, a contatto con il mondo e l’ambiente.
Proprio per questo dobbiamo vivere di conseguenza: essere aperti e ricettivi, seppellire qualsiasi pregiudizio e luogo comune. Nutriamoci di curiosità e fidiamoci degli altri, regalando sempre un sorriso alle persone che incontriamo. Perchè in fondo è questa l’essenza di un viaggio in bicicletta!

Manuela e Filippo (con la preziossissima collaborazione di Yuri!)


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